IL NOME ED I SIMBOLI

Da uno studio condotto dall'architetto Pasquale Lopetrone, si evince che l'origine del toponimo di San Giovanni in Fiore si è evoluto attraverso tre distinte fasi, ognuna rappresentativa di tre distinti momenti storici dell'insediamento umano su questi territori. Le tre fasi sono indicate coi nomi dei toponimi: FaraFiore e San Giovanni in Fiore. Il primo toponimo, Fara, che coincide con la prima fase, deriva dall'insediamento militare sorto sul luogo dove ora sorge l'abbazia florense, che fu chiamato "Faradomus" (la casa della Fara). Il termine Fara deriva dal longobardo e indica il contingente militare migrante, con cui i longobardi riuscirono ad insediarsi anche in Italia. Dalla "Fara" silana, che è la più a sud d'Europa, i longobardi attaccarono Crotone distruggendolo sul finire del VI secolo, nonché difendevano i loro insediamenti in Val di Crati. Gli scavi archeologici condotto di recente sulle fondamenta dell'Abbazia Florense, hanno portato alla luce i resti monumentali di un edificio preesistente al complesso Abbaziale che potrebbe essere connesso all'insediamento longobardo dell'area. La tesi dell'insediamento longobardo avanzata da Lopetrone spiegherebbe la facilità con cui i florensi si insediarono in pochi mesi sui territori di "Faradomus", dove poi sorse l'abbazia, mettendoli a coltura dopo la concessione elargita da Enrico VI, nell'ottobre del 1194. Ciò fu possibile solo grazie ai canali d'irrigazione esistenti, realizzati in origine dai longobardi, che occuparono l'area per quasi 300 anni, rendendo per forza coltivabile il territorio su cui poi si è sviluppato l'abitato di San Giovanni in Fiore e non solo questo. Il secondo toponimo "Fiore", che coincide con la seconda fase, è legata alla stabilizzazione su questi luoghi dell'abate Gioacchino che, già nel 1189, denominò il territorio Fiore, volendo generare un parallelismo con Nazareth il Fiore della Galilea (a Nazareth avvenne l'annuncio dell'arrivo del Figlio, a Fiore avverrà l'annuncio di un nuovo frutto: l'Età dello Spirito Santo). L'abate dedicò Fiore, l'insediamento da lui fondato a Jure Vetere, a san Giovanni Evangelista, mettendo in pratica, attraverso la costruzione delle sue Domus Religionis, il suo modello di Ecclesia giovannea Spirituale, preludio della terza età (fase) della storia dell'umanità, congregata su vaste aree facenti capo a piccole case-chiese "aperte a tutta la gente, desiderosa di conoscere i nemici delle loro anime", disposte lungo le principali strade carovaniere della Sila Piccola, antiche strade in terra disposte trasversalmente che collegavano le aree del mare Tirreno a quelle del mare Ionio. Per i florensi la Chiesa non era l'edificio sacro ma la Comunità Cristiana congregata nel vivere da veri cristiani in un ambito aperto, senza corti chiuse, diffusamente in tutti i luoghi, sulle strade, tra la gente. A Fiore Gioacchino incominciò nell'ultima fase della sua esistenza a dar corpo al suo Monastero titolato a San Giovanni in Fiore, composto da sette domus religionis ad immagine della Gerusalemme Celeste, designate alla congregazione cristiana florense pronta a vivere in terra il Regno di Dio. Il monastero florense di San Giovanni in Fiore delle origini (1189-1202) è senza dubbio il primo modello assoluto di Chiesa Giovannea Spirituale congregata, preludio della terza età del mondo. Il titolo Monasterium de Sancti Ioannes de Flora rimase anche dopo la morte del protoabate florense, pertanto, non fu difficile chiamare San Giovanni in Fiore anche l'insediamento civile istituito nel 1530, quando l'imperatore Carlo V autorizzò all'abate commendatario Salvatore Rota a Mantova a fondare un casale, sul Cuneo (cugnale) di terra soprastante l'abbazia versante orientale, interposto tra il vallone fra Vicienzu e il canale badiale che scendeva sul crinale centrale di monte Faradomus o Difesa, passando per l'attuale ufficio postale. L'abitato civile assunse, quindi, lo stesso titolo già assegnato da Gioacchino al Monastero florense delle origini.

Storia

La storia di San Giovanni in Fiore si può suddividere in cinque distinte fasi. La prima fase è detta florense, giacché governata dagli abati regolari dell'ordine, da Gioacchino da Fiore ad Evangelista de Gaeta da Caccuri. Questa fase va dal 1189 al 1500, dall'ascesa dell'abate Gioacchino in Sila all'istituzione della commenda di San Giovanni in Fiore quale feudo ecclesiastico. L'abate Gioacchino da Fiore fu privilegiato inizialmente da Tancredi nel 1191, cui seguirono le grandi concessioni di Enrico VI nel 1194 e il riconoscimento della congregazione florense da parte di Celestino III avvenuta nel 1196. La seconda fase cominciò il 13 settembre 1500 quando l'abbazia di San Giovanni in Fiore fu commendata a favore di Vassalli ecclesiastici incaricati direttamente dalla Santa Sede e terminò nella primavera del 1530 quando l'imperatore Carlo V diede mandato all'abate commendatario Salvatore Rota di fondare il casale di San Giovanni in Fiore. Salvatore Rota, quarto abate commendatario fondò dunque il casale di San Giovanni in Fiore che fu governato dai vassalli ecclesiastici fino al 1783, anno in cui fu soppresso il feudo ecclesiastico e introdotto il feudo regio. Il primo e ultimo Commendatario laico, nominato dalla regia corte fu il cavaliere Luigi de' Medici di Ottajano e alla sua morte non fu nominato nessun successore essendo decaduta la forma del feudo e introdotto il governo dei comuni. Dal 1860 in poi seguì le sorti prima del Regno d'Italia, guidato dai Savoia, poi del fascismo guidato da Mussolini e infine quelle dell'Italia repubblicana.

L'abbazia e il casale

San Giovanni in Fiore come istituzione urbana, ha una storia relativamente breve, infatti pur essendo stata fondata alla fine del 1100, con la realizzazione e l'edificazione dell'Abbazia Florense, dalla fine del 1100 fino agli inizi del Cinquecento, è stata governata secondo i dettami ecclesiastici e dei privilegi concessi al monastero e alle terre intorno ad esso, da parte degli imperatori del tempo. L'allora villaggio è poi divenuto “civico” solo nel 1530, quando Salvatore Rota, l'allora abate, prese in commenda il monastero e il territorio intorno, dando inizio allo sviluppo della cittadina di San Giovanni in Fiore[22].

Dal 1500 alla fine dell'Ottocento

Nel Cinquecento avvennero considerevoli cambiamenti che condizionarono la storia di San Giovanni in Fiore. Papa Alessandro VI Borgia, nel 1500 affidò in commenda al notaio Ludovico de Santangelo di Valenza, l'Abbazia Florense. Dopo quella proclamazione altri 17 abati commendatari (tutti scelti dalla Santa Sede) avranno in affido il monastero silano. L'ultimo abate commendatario fu Giacomo Filomarino, dopodiché venne proclamato un laico scelto da re di Napoli Ferdinando IV Borbone, che in questo modo, attestò la fine ecclesiale del “Monastero di Fiore”, che divenne pertinenza del patrimonio regio. I secoli successivi rafforzarono il ruolo di attrattore che il paese aveva nel resto della regione. Coloro i quali si spingevano verso la Sila erano personaggi attratti soprattutto dalle ricchezze delle foreste e dei terreni. Dal 1600 si trovano i primi documenti di grandi possessori terrieri. Il terremoto della Calabria dell'8 giugno 1638, di magnitudo 6.5, colpì anche San Giovanni in Fiore; i danni nel principale centro silano non furono molti, ad esclusione del danneggiamento e del crollo di alcune parti dell'abbazia Florense.

Nel 1700 e nel 1800 si rafforzò il ruolo delle famiglie nobiliari nel tessuto sociale ed economico del paese, che influenzarono e non poco le vicende politiche. Nel 1844 San Giovanni in

 Fiore venne messa in risalto internazionale per la vicenda dei Fratelli Bandiera, rivoluzionari patrioti che vennero catturati nelle campagne del paese.

Il 1848 fu l'anno della "rivolta agraria", e l'inizio della prima grande emigrazione di massa verso le Americhe[26].

 

Nel 1900 la situazione politica ed economia subì profonde trasformazioni. Continuò l'ondata emigratoria e San Giovanni in Fiore ritornò alla ribalta internazionale, come uno dei paesi che pagarono le maggiori perdite nella tragedia mineraria di Monongah. Cominciarono ad intravedersi le prime prospettive di sviluppo, grazie all'industria energetica derivante dalla realizzazione degli invasi artificiali silani. Il fascismo lasciò un segno profondo anche a San Giovanni in Fiore (paese che sin dall'unità d'Italia, formò un forte tessuto politico di sinistra, confermato ancor più nel dopo guerra) con l'episodio conosciuto come Strage di San Giovanni in Fiore. Dopo la nascita della Repubblica, il paese subì altre e forti ondate migratorie. La prospettiva industriale energetica, non sembrava mantenere le promesse e l'economia locale vacillò. Il governo per rimediare alla situazione disastrata dell'economia, approvò la riforma agraria nel 1950, che interessò tutto il territorio silano. Il "problema dell'abusivismo edilizio" (nato negli anni sessanta, terminerà solo negli anni novanta), fu un fenomeno socio-economico che investì tutto il paese in ogni suo settore, e che anni dopo verrà studiato da architetti, urbanisti e sociologi.

Simboli

Lo stemma di San Giovanni in Fiore

«Di verde, al pino laricio d'argento eradicato, attraversato dalla fascia posta in sbarra abbassata, caricata di tre stelle d'argento di cinque raggi poste a piombo, attraversante il capo d'azzurro, accantonato nel canton destro dalla mitra al naturale e nel canton sinistro dalla cometa d'oro, ondeggiante in sbarra.»

Lo stemma moderno di San Giovanni in Fiore non dispone ancora di un decreto ufficiale di concessione e raffigura alcuni momenti chiave della storia della cittadina. Lo scudo è sormontato da una corona, al centro vi è un pino laricio simbolo della Sila, con tre stelle disegnate lungo una banda trasversale, che rappresentano le concessioni di porzioni della Sila, offerte a tre abati; in alto a sinistra dello scudo vi è disegnata una mitra che rappresenta il potere ecclesiastico che ha governato la cittadina per vari secoli, mentre in alto a destra è raffigurata una stella cometa, segno religioso cristiano. Sotto lo scudo vi sono due ramoscelli intrecciati da tre rose: il ramoscello di sinistra è di olivo, simbolo di pace; il ramoscello di destra è di quercia, pianta diffusa nelle terre di San Giovanni in Fiore. La corona, infine, con cinque raggi, rappresenta il potere regio che domina sul territorio silano[30].

Il gonfalone civico si presenta come un drappo troncato di verde e di azzurro.

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